Corte Costituzionale Sentenza n. 257 del 22.11.2012 (brani della sentenza):
""""""""""(...)1.— Il Tribunale di Modena, in funzione di giudice del
lavoro, con ordinanza del 27 settembre 2011 (r.o. n. 98 del 2012) ha
sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 64,
comma 2, e 67, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
(Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e
sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15
della legge 8 marzo 2000, n. 53), in riferimento agli articoli 3, 31 e
37 della Costituzione «nella parte in cui, relativamente alle
lavoratrici autonome e alle lavoratrici iscritte alla gestione separata e
tenute al versamento della contribuzione dello 0,5 per cento di cui
all’art. 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che abbiano
adottato un minore, prevedono l’indennità di maternità per un periodo
di tre mesi anziché di cinque mesi».(...)
Ciò posto si deve osservare che, come questa Corte ha già affermato, gli
istituti nati a salvaguardia della maternità non hanno più, come in
passato, il fine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma
sono destinati anche alla garanzia del preminente interesse del minore,
che va tutelato non soltanto per quanto attiene ai bisogni più
propriamente fisiologici ma anche in riferimento alle esigenze di
carattere relazionale ed affettivo, collegate allo sviluppo della sua
personalità (sentenze n. 385 del 2005 e n. 179 del 1993).
Tale
principio è tanto più presente nelle ipotesi di affidamento preadottivo e
di adozione, nelle quali l’astensione dal lavoro non è finalizzata solo
alla tutela della salute della madre, ma mira anche ad agevolare il
processo di formazione e crescita del bambino (sentenza n. 385 del
2005), creando le condizioni di una più intensa presenza degli
adottanti, cui spetta (tra l’altro) la responsabilità di gestire la
delicata fase dell’ingresso del minore nella sua nuova famiglia.
In
questo quadro, non si giustifica, ed appare anzi manifestamente
irragionevole, che, con riferimento alla stessa categoria dei genitori
adottivi, mentre alle lavoratrici dipendenti, che abbiano adottato o
avuto in affidamento preadottivo un minore, spetta un congedo di
maternità (con relativa indennità) per un periodo massimo di cinque
mesi, sia in caso di adozione (o affidamento preadottivo) nazionale che
internazionale (art. 26, commi 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 151 del 2001),
alle lavoratrici iscritte alla gestione separata sia riconosciuta
un’indennità di maternità per soli tre mesi. L’irragionevolezza di tale
trattamento differenziato è palese, ove si consideri che, in entrambi i
casi, si verte in tema di adozione o di affidamento preadottivo.
È
vero che tra lavoratrici dipendenti e lavoratrici iscritte alla gestione
separata sussistono differenze che rendono le due categorie non
omogenee. Nella questione in esame però vengono in rilievo non già tali
diversità, bensì la necessità di adeguata assistenza per il minore nella
delicata fase del suo inserimento nella famiglia, anche nel periodo che
precede il suo ingresso nella famiglia stessa, e tale necessità si
presenta con connotati identici per entrambe le categorie di
lavoratrici.
Ne deriva che la discriminazione sopra riscontrata si
rivela anche lesiva del principio di parità di trattamento tra le due
figure di lavoratrici sopra indicate che, con riguardo ai rapporti con
il minore (adottato o affidato in preadozione), nonché alle esigenze che
dai rapporti stessi derivano, stante l’identità del bene da tutelare,
vengono a trovarsi in posizioni di uguaglianza.
Conclusivamente, deve
essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 64, comma 2,
del d.lgs. n. 151 del 2001, come integrato dal richiamo al d.m. 4
aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002, nella parte in cui,
relativamente alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui
all’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, che abbiano adottato o
avuto in affidamento preadottivo un minore, prevede l’indennità di
maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi.
Ogni altro profilo rimane assorbito.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1)
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 64, comma 2, del
decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità
e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000,
n. 53), come integrato dal richiamo al decreto ministeriale 4 aprile
2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con
il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002, nella parte in cui, relativamente
alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’articolo 2,
comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema
pensionistico obbligatorio e complementare), che abbiano adottato o
avuto in affidamento preadottivo un minore, prevede l’indennità di
maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi;
2)
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’articolo 67, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, sollevata dal
Tribunale di Modena, in funzione di giudice del lavoro, in riferimento
agli articoli 3, 31 e 37 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in
epigrafe
(...)
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere (...)""""""""""
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